Il Gran Sasso (o Gran Sasso d'Italia) è
il più alto massiccio montuoso degli
Appennini. Il Corno Grande è la cima più alta
del gruppo montuoso (m. 2912).
Il Corno Grande
E’ contenuto interamente in Abruzzo al confine
fra le province dell'Aquila, di Teramo e di
Pescara.
Confina a nord con i territori di Pietracamela
ed Isola del Gran Sasso d'Italia, ad est con
le Gole di Popoli, a sud è limitato da Campo
Imperatore (e oltre i contrafforti del Monte
della Scindarella, del Monte Portella e del
Pizzo Cefalone - dalla piana di Assergi),
mentre ad ovest-nord-ovest confina con i Monti
della Laga ed il Lago di Campotosto.
Il Gran Sasso d'Italia è un'area tutelata con
l'istituzione del Parco
Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti
della Laga abbraccia 3 regioni (Abruzzo,
Marche, Lazio), 5 province (L'Aquila, Pescara,
Teramo, Ascoli Piceno, Rieti), 44 comuni (AQ:
Barete, Barisciano, Cagnano Amiterno,
Calascio, Campotosto, Capestrano, Capitignano,
Carapelle Calvisio, Castel del Monte,
Castelvecchio Calvisio, L'Aquila, Montereale,
Ofena, Pizzoli, Santo Stefano di Sessanio,
Villa Santa Lucia. TE: Arsita, Campli,
Castelli, Civitella del Tronto, Cortino,
Crognaleto, Fano Adriano, Isola del Gran
Sasso, Montorio al Vomano, Pietracamela, Rocca
Santa Maria, Torricella Sicura, Tossicia,
Valle Castellana. PE: Brittoli, Bussi sul
Tirino, Carpineto della Nora, Castiglione a
Casauria, Civitella Casanova, Corvara,
Farindola, Montebello di Bertona,
Pescosansonesco, Villa Celiera. AP: Acquasanta
Terme, Arquata del Tronto. RI: Accumoli,
Amatrice.
Dai suoi punti più distanti, ovvero il Passo
delle Capannelle ad ovest e le Gole di Popoli
a sud-est, il Gruppo del Gran Sasso misura
circa 50 km.
Orientato da nord-ovest a sud-est, come la
grande maggioranza dei gruppi appenninici e
preappenninici, consta di due sottocatene
principali parallele: la prima, più
settentrionale, si estende dal Monte Corvo (m
2623; nord-ovest) al Vado di Sole (sud-est).
La sottocatena meridionale si estende dal
Passo delle Capannelle e dal Monte S. Franco
(m 2132; nord-ovest) al Monte Capo di Serre (m
1771; sud-est). Al di là di questa zona
centrale vi è un'ampia zona sud-orientale, i
contrafforti meridionali, caratterizzati da
numerosi rilievi meno elevati: Monte Ruzza (m
1643), Monte Bolza (m 1904), Monte Camarda (m
1384), Monte Cappucciata (m 1802), Monte Picca
(m 1405) e molti altri, fino alle Gole di
Popoli.
Le cime maggiori si trovano nella sottocatena
settentrionale: il Corno Grande, che consta di
tre vette principali: quella orientale (m
2903), la centrale (m 2893) e la maggiore,
quella occidentale (m 2912); ed il Corno
Piccolo (m 2655). Fra i due corni si trovano i
resti del ghiacciaio del Calderone, il più
meridionale dei ghiacciai europei.
Il Ghiacciaio del
Calderone
Il Gran Sasso è senza dubbio il rilievo
paesaggisticamente più "alpino"
dell'Appennino. In esso si possono ritrovare
molti caratteri tipici dei massicci dell'arco
alpino, quali : cime aguzze, valli
profondamente incise, morene, circhi e valli
plasmate dal glacialismo quaternario. Il lato
nord-orientale degrada con ripide pareti
rocciose, tutto guglie, pinnacoli e profondi
solchi; sul versante meridionale, a ridosso
dei massicci calcarei, troviamo una serie di
altipiani carsici che degradano in modo dolce
e vario. In alcuni di questi piani è possibile
ammirare laghetti di origine carsica, quali
quello di Barisciano, di Passaneta, di
Racollo, di San Pietro, di Filetto, di
Assergi, di Sinizzo e Lago Sfondo. Scendendo
verso sud, da Campo Imperatore a Paganica,
l'intensa erosione carsica ha dato origine a
parecchie grotte di diversa estensione e
profondità (Grotta a Male e dell'Oro) e ad
inghiottitoi, alcuni attivi, altri fossili.
Altre grotte sono presenti anche nel versante
settentrionale, nei dintorni di Rigopiano
(Grotta dell'Eremita e del Lupo) e abissi,
quali quello del Bandito, di Pozzo Elisa, e
Pozzo dell'Inferno.
Una particolare considerazione va rivolta al
Ghiacciaio del Calderone, posto appena sotto
il pendio settentrionale del Corno Grande a
quota 2775 che, con un'estensione di circa 6
ettari, è l'unico ghiacciaio dell'Appennino ed
è il più meridionale d'Europa. A causa dello
scarso innevamento invernale che ha
caratterizzato gli anni ottanta, si è
registrata una preoccupante regressione dello
spessore dei ghiacci perenni. Il monitoraggio
costante sotto cui gli studiosi tengono questo
prezioso elemento ha comunque fatto rilevare
una ripresa negli ultimi anni, testimoniata
anche dal fatto che è tornato a formarsi il
laghetto Sofia nel punto di raccolta delle
acque del disgelo. Nell'estate del 1993 si è
registrato un maggior scioglimento del manto
nevoso di copertura dei ghiacci, causando
l'affioramento dei detriti morenici. Il
comprensorio del Gran Sasso è ricchissimo di
preziose acque che, filtrando attraverso i
calcari dei piani carsici, scendono a valle
dando vita ad innumerevoli risorgenze. Tra
queste, le più note sono le Sorgenti del
Ruzzo, del Vitello d'Oro, del Rio Arno,
dell'Acqua Fredda, del Brigante, di Angri,
dell'Acqua Santa e la Fonte Vetica, molte
volte captate per usi civili, oppure tributari
di torrenti che a loro volta confluiscono nei
maggiori fiumi dell'area. Fra questi: il
Vomano, che sorge dal settore più
settentrionale della catena, il Fino, il Tavo
che sorge dal Vallone d'Angora, ad oriente, ed
il Tirino nel versante occidentale.
La Catena del Gran Sasso
dalla provincia di Pescara
Idrografia
Il
Gran Sasso offre una grande varieta' di laghi
e fiumi. Di seguito vengono citati i
principali
Lago di
Campotosto
Il Lago di Campotosto è il più grande
lago artificiale dell'Abruzzo. Si trova
ad un'altitudine di 1313 m s.l.m. e ha
una superficie di 1400 ha.
Vi si accede percorrendo la SS. 80 da
L'Aquila o dalla costa adriatica.
In epoca glaciale il bacino lacustre
aveva una forma di una doppia Y. Finita
l'epoca glaciale ha lasciato l'alveo ove
scorre il Rio Fucino. Con la creazione
del lago artificiale la forma è quella
di una V, in pratica la parte superiore
della doppia Y.
Il lago artificiale fu creato negli
anni Trenta-Quaranta con la costruzione
di tre dighe, con lo scopo di
utilizzarne le acque per il
funzionamento delle centrali
idroelettriche site nella valle del
Vomano. L'invaso ha coperto l'alveo
torbiero che riforniva industrie di
combustibili locali. Fino ai primi del
1900 nel fondo del lago si estraeva la
torba.
In inverno si può ammirare il lago
completamente ghiacciato mentre in
autunno si ammira il coprirsi dei boschi
di colori tipici della stagione.
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Lago di Capo
d'Acqua
Quì si trova la più copiosa sorgente
che alimenta il fiume Tirino. Il lago è
di proprieta' privata.
L’invaso nasce nella seconda metà
degli anni ’60 per avere nella zona una
riserva idrica per l’irrigazione dei
terreni circostanti; oggi è utilizzato
anche dall’ENEL per alimentare una
centrale idroelettrica.
E' sempre in questa zona che fù trovato
molti anni fà il famoso Guerriero
Aufinateo Guerriero di Capestrano a
testimonianza di una grande necropoli
italica dislocata in zona. Sempre da
queste parti, è esistito uno dei primi
insediamenti del Mesolitico abruzzese
venuto alla luce durante i lavori per la
costruzione del lago artificiale.
Numerosi i reperti rinvenuti in questa
zona.
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Fiume Vomano
Il Vomano può dirsi il
secondo dei due principali fiumi
che circondano il Gran Sasso d’Italia,
essendone l’Aterno il primo.
Nell’antichità venne chiamato Matrinus
da Strabone e Vomanum da Plinio.
Il fiume Vomano ha origine nella
provincia dell'Aquila in prossimità del
Passo delle Capannelle, a circa 1200
metri s.l.m., sulle pendici nord
occidentali del Monte S. Franco.
Scorre nella parte settentrionale
dell'Abruzzo ed il suo percorso di 76 km
è quasi completamente compreso nella
provincia di Teramo ad eclusione di un
brevissimo tratto iniziale nella
provincia dell ' Aquila. Sfocia nel mare
Adriatico presso Roseto degli Abruzzi.
.
Il bacino si estende per 782 km2 e
confina a sinistra con il bacino del
Tordino.
Nel tratto superiore il letto del Vomano
è scavato entro un solco inciso nelle
arenarie mioceniche intercalate a strati
di argilla; in quello intermedio entro
sponde calcaree e infine nell'ultimo
tratto, fino alla
foce, il letto si allarga su terreni
alluvionali. Il fiume raccoglie il
contributo di più di trenta corpi idrici
grandi e
piccoli.
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Fiume Tirino
Splendido corso d'acqua proveniente dal
Gran Sasso, dal sistema acquifero di
Campo Imperatore.
Dopo un percorso carsico di 25 Km,
fuoriesce a valle. La portata d'acqua è
costante per tutto l'anno (6000 l/sec )
ad una temperatura di 11°, non avendo
affluenti, le sue acque sono sempre
limpide. Il fiume Tirino è uno dei corsi
d'acqua piu' puliti d'Europa.
A valle, alimenta tre sorgenti, Capo
d'Acqua, Presciano e il piccolo lago
sotto Capestrano, ma il maggiore
afflusso proviene da Capo d'Acqua
essendo le altre due quasi ferme. Il
nome deriva dal greco " tritano " e vuol
dire appunto triplice sorgente, la valle
in cui scorre è anche detta valle
Tritana o valle Trita. Presso Bussi
diventa affluente di sinistra del Fiume
Pescara.
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Fiume Tavo
Il fiume Tavo nasce alle
falde orientali del Gran Sasso, presso
il monte Guardiola (1828 m), in località
Pietrattina, a 1560 m. E' lungo 42 km.
Si unisce al fiume Fino formando il
Fiume Saline.
Durante le glaciazioni,
tutte le acque superficiali provenienti
dalla fusione dei ghiacciai di Campo
Imperatore, si incanalavano nel fosso di
Cretarola e
nel Vallone D'Angora, e proprio a questa
immensa quantità d'acqua si deve la
formazione di queste gole dalle
altissime pareti rocciose. Attualmente
il trasporto superficiale è pressochè
nullo nelle gole, e avviene
principalmente per via sotterranea
(carsismo).
Dopo aver attraversato il vallone,
scorre in una valle più ampia, la Valle
D'Angri, e in località Mortaio D'Angri
si incanala in una stretta forra,
chiamata Bocca dell'Inferno, dove il
Tavo penetra turbinosamente per poi
sfociare in un'altra valle ove forma una
spettacolare cascata alta 28 metri: la
Cascata del Vitello d'Oro, sorgente tra
le più importanti del versante sud del
gruppo del Gran Sasso. Da notare il
contrasto tra versanti rocciosi con
scarsa vegetazione o addirittura spogli
e la conca che appare verdeggiante di
alberi cresciutivi spontaneamente. Il
tratto che attraversa il territorio del
Parco Nazionale è ricco di una fiorente
vegetazione ripariale, habitat ideale
per una diversità di specie animali. Il
fiume è popolato in questo tratto dalla
Trota Fario. Tra gli uccelli presenti:
il merlo acquaiolo, la ballerina bianca,
la ballerina gialla, la biscia dal
collare, il picchio rosso maggiore.
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Fiume Ruzzo
Il fiume Ruzzo nasce sul
Monte Prena a 2560mt. Affluente di
destra del fiume Mavone.
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Fiume Nora
Nasce dal monte Scarafano
(m 1433). Affluente di sinistra del
fiume Pescara a Vailemare.
Ha una lunghezza di 28 km.
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Lago Sfondo
Piccolissimo lago sulla
piana del Voltigno.
Caratterizzato dall'acqua
gelida anche in estate.
La credenza popolare
vuole che non abbia fondo e che vada
addirittura a sfociare direttamente al
mare.
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Lago Sofia
Laghetto posto a 2678
metri s.l.m. Ha iniziato ad estinguersi
a partire dagli anni '70 durante la
costruzione del traforo del Gran Sasso,
la sua estinzione si è completata con la
fine degli anni '80. Aveva un diametro
variabile tra gli 8 metri. e i 60 metri
e una profondità di circa 3 metri. Era
alimentato dall'acqua di fusione del
ghiacciaio che vi confluiva attraverso
due o più ruscelli. L'acqua poi
confluiva in un inghiottitoio che
rimaneva ostruito da ghiaccio in alcune
estati.
Curiosità: Nel 1947 vi è stato girato un
film denominato "La pietra Incantata".
Quando oramai la sua estinzione era
prossima, alcuni alpinisti locali e non
cercarono di ostruire l'inghiottitoio
con ghiaia, vanamente.
L'acqua del lago era assolutamente
potabile. come quella di (quasi) ogni
acqua di fusione.
Fonte:
http://abruzzomolisenatura.forumfree.net
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Rio Arno
Nasce dal monte
d'Intermesoli (2646 m) sul Gran Sasso
(Grotta dell'Oro), ed ha una lunghezza
complessiva di 9
Km.
Affluente di destra del
fiume Vomano presso Fano Adriano in
località Pietracamela,a 30 km. da
Teramo, bivio a Poggio Umbricchio, sulla
SS. 80.
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Fiume Mavone
Il fiume Mavone nasce sul
Gran Sasso (2912 m) ed ha una lunghezza
complessiva di 23 Km.
Ha come affluente
maggiore il fiume Ruzzo.
A sua volta è affluente di
destra del fiume Vomano
presso Sant'Agostino. Il Mavone che è il
ramo del Vomano più ricco d’acqua
perenne, nasce sotto il Monte Corno da
una omonima sorgente che si versa in un
fosso detto Inferno di Corno, il quale
poco dopo accoglie il fosso
Spoledra e poi, presso Fano a Corno, il
fosso San Nicola e il fosso Vittore, e
quindi presso Isola del Gran Sasso, il
fiume Ruzzo ricco delle acque della
Fossaceca e del Malepasso. Ultimi infine
vi sboccano i fossi Leomogna,
proveniente da Castelli e di Fiumetto
proveniente da Castiglione della Valle.
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Fiume Fino
Il fiume Fino nasce dal
versante nord-est del monte Tremoggia
a 1200 metri s.l.m.; è un classico
corso d'acqua appenninico con
andamento trasversale alla dorsale
montuosa da cui origina. La sua
lunghezza
è di 48 km; il suo bacino imbrifero ha
un'estensione di circa 282 kmq. e una
pendenza che varia da 3 al 9 per cento
nella parte montuosa, e da 1 a 3 per
cento nel tratto inferiore. Il suo
bacino imbrifero è di quasi un terzo
superiore a quello del Tavo. Dopo un
percorso di circa 25 Km, il Fino
lascia la provincia di Teramo ed entra
in quella di Pescara, qui dopo circa
15 Km, in località
Congiunti, confluisce con il fiume
Tavo dando luogo ad un corso d'acqua
denominato Saline che sfocia poco a
nord dell'abitato di Montesilvano,al
confine con Marina di Città
Sant'Angelo.
Il corso del fiume è caratterizzato da
un andamento tortuoso che,
insediandosi tra profonde gole e
valloni, lascia poco spazio alle
pianure alluvionali.
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Lago di Pietranzoni
Piccolo specchio d'acqua situato di
fronte al Monte Brancastello, a pochi
chilometri dal Corno Grande a Campo
Imperatore. Scenario incantevole.
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Lago di Calascio
Lago artificiale in
localita' Calascio.
Bisogna dire che
l'abitato di Calascio per quanto
riguarda l'acqua si approvvigiona
direttamente da una sorgente del monte
Prena, ma quando il serbatoio è pieno,
si fa fuoriuscire l'acqua proprio nel
lago e nel caso di invernate veramente
copiose di neve, la portata dell'acqua
che si riversa nel lago è veramente
impressionante.
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Flora
La diversa esposizione dei due versanti
della catena montuosa, separati da una linea
di cresta molto elevata, ha dato vita ad una
differente copertura arborea. Il versante
settentrionale presenta una buona integrità
boschiva con la presenza di estese faggete ben
conservate con Faggi secolari, Aceri, Abeti
bianchi e Betulle.L'Abete bianco, Abies Alba,
appenninico, si rileva in presenze sporadiche
alle falde del Monte Corvo, nei bacini del
Rocchetta e del Venaquaro e con maggiore
presenza solo sulle pendici di Colle Pelato
nel territorio di Tossicia.
La Betulla, Betulla pendula, è presente nelle
ultime stazioni nei pressi di Arsita ed Isola
del Gran Sasso. Anche il Tasso, Taxus baccata,
è presente con esemplari maestosi nell'area
Vallone d'Angri, Voltigno. I boschi del
Chiarino, di Monte S. Franco e la foresta di
Codaro Campiglione, tutti localizzati nel
settore nord-occidentale del massiccio, sono
esempi molto conosciuti della ricchezza della
copertura arborea di questo versante.
Verso est, invece, ci sono i Prati di Tivo,
modellati dal glacialismo quaternario,
caratterizzati da un bosco discontinuo
inframmezzato da ampi pascoli, su cui vegeta
una flora molto ricca e varia con Anemoni,
Genziane, Orchidee e Primule. La valle del Rio
Arno a monte dei Prati, molto suggestiva e
ricca di acque, presenta una discreta
integrità ambientale: qui è facile ammirare il
Giglio martagone o Riccio di Dama ed il Giglio
Rosso, nonché numerose piccole torbiere con
Erioforo.
La faggeta riassume carattere di continuità
man mano che si procede verso oriente,
estendendosi lungo i pendii dei monti
Brancastello, Prena, Camicia, Tremoggia,
Siella e San Vito, dove al di sopra dei
duemila metri vegeta la rarissima Stella
Alpina appenninica.
A sud di Rigopiano si apre, incisa dal fiume
Tavo, la valle d'Angri. Anche qui la copertura
arborea è assicurata dal Faggio a cui si
accompagnano l'Acero, il Carpino, il Nocciolo,
oltre al Tasso. Continuando verso sud c'è il
Vallone d'Angora, con un vero e proprio canyon
nella faggeta, e lo spettacolare piano carsico
del Voltigno, una prateria costituita di
Nardeti, Nardus stricta, contornata da ampie
faggete. Varie le fioriture di Peonie,
Campanule e della Genziana maggiore.
Ma il carattere forse più peculiare
dell'aspetto botanico del Gran Sasso risiede
nella presenza di innumerevoli endemismi, per
lo più oltre il limite della vegetazione
arborea. Fra essi ricordiamo oltre alla Stella
alpina appenninica, la Viola della Maiella, la
Sassifraga a foglie opposte, il Genepì
appenninico, la Mattìola, l'Adonide curvata e
la rara ed emblematica Androsace abruzzese,
piccola e delicata primulacea conosciuta solo
per ristrettissime aree altomontane del Gran
Sasso e della Maiella. Rilevante, inoltre, la
presenza di altre specie molto rare, quali
l'Adonide gialla e il Limonio aquilano, le cui
uniche stazioni sono sul versante aquilano del
Parco.
Un fiore Appenninico
Fauna
La fauna del Gran Sasso è rappresentata
dal Tasso, la Faina, la Donnola, la Volpe, la
Lepre, la Puzzola, lo Scoiattolo meridionale,
il Gatto selvatico, il lupo (ormai molto
raro), il camoscio (reintrodotto nel 1992 a
Farindola), il cinghiale, l'Istrice e la
Martora . Particolarmente ricca è l'avifauna,
rappresentata da più di 100 specie. Molto rari
i rapaci, tra cui il Falco pellegrino e
l'Aquila reale sono ancora presenti e
nidificano, mentre alcune specie, come il
Gipeto, di cui si ha certezza della loro
presenza alla fine del secolo scorso, sono
ormai scomparse. Nelle residue aree forestali
nidificano l'Astore, lo Sparviero e
soprattutto la Poiana. Durante i mesi
primaverili ed autunnali è facile osservare il
Falco cuculo, le Albanelle o il Falco
grillaio. Le specie come il Gracchio corallino
e quello alpino si possono osservare sulle
pendici del Corno Grande e del Monte Camicia.
Il Gracchio Corallino è presente sul Gran
Sasso con nuclei numerosi e ben distribuiti
che garantiscono la conservazione della specie
ormai in forte declino in tutte le altre
montagne italiane ed europee. Più difficili da
vedere sono le Coturnici, il piccolo Picchio
muraiolo ed il Fringuello alpino, presenze
importanti sul massiccio.L'erpetofauna
presenta rare specie quali la Vipera
dell'Orsini, la Vipera Aspis e specie del
genere Natrix. Tra gli anfibi è da segnalare
la Rana graeca, il più raro Anuro italiano. Si
ricordano anche l'Ululone dal ventre giallo e
la Rana dalmatina, la Salamandrina dagli
occhiali e la Salamandra pezzata.
Un gruppo di Camosci sul
Gran Sasso
Cenni
storici
L'intero Appennino circa 200 milioni di
anni fa era sommerso da un oceano.
L'avvicinamento dei continenti, spingendo e
corrugando le superfici rocciose in modo
continuo per milioni di anni, ha fatto sì che
i vari tipi di stratificazione i
sovrapponessero in più punti, sicché circa 6
milioni di anni fa, durante la fase di
disseccamento del Mediterraneo, (nota agli
studiosi come "crisi di salinità") la catena
del Gran Sasso doveva presentarsi come un'area
parzialmente sollevata rispetto ad un'altra
posta a nord e identificata come "il bacino
della Laga". Così oggi possiamo trovare a
poche centinaia di metri di distanza
formazioni rocciose molto differenti tra loro;
in realtà una volta si trovavano a distanze
enormemente più grandi. Il "calcare massiccio"
e la "dolomia triassica" del Corno Grande,
infatti, provengono dal fondale di una zona,
detta di "piattaforma", caratterizzata da un
mare poco profondo e ricco di ossigeno che
favoriva gli insediamenti di organismi come
foraminiferi, molluschi e alghe.Da un punto di
vista geomorfologico, il Gran Sasso è un
massiccio di origine sedimentaria costituito
da dolomia, calcari, generalmente massicci e
marne. Originatosi circa 6 milioni di anni fa
(Miocene), nel contesto dell'emersione degli
Appennini, subì successivamente fasi di spinta
e compressione che generarono una serie di
fratture e di abbassamenti (Val Maone, Valle
del Venacquaro, Campo Pericoli, Campo
Imperatore). Su queste, a partire da 600.000
(Günz) fino a circa 10.000 (Würm) anni fa,
agirono le forze erosive delle glaciazioni.
Queste ultime hanno lasciato segni
particolarmente evidenti, soprattutto sul
versante settentrionale del gruppo: piccoli
circhi glaciali caratteristici sono
individuabili, ad esempio, nella zona del
Monte S. Franco (valli dell'Inferno e del
Paradiso), ma anche in prossimità del Monte
Aquila e del Monte della Scindarella. I
ghiacciai più grandi rappresentavano punti di
convergenza naturali di questi circhi glaciali
posti più in alto; ad esempio, il ghiacciaio
che occupava Campo Pericoli si alimentava dai
circhi posti a nord delle creste del Corno
Grande, del Monte Aquila, del Monte Portella e
del Pizzo Cefalone. In queste conche la neve
si compattava e si trasformava in ghiaccio,
che confluiva in Val Maone verso Pietracamela,
dove sono visibili ancora oggi resti morenici
risalenti alla glaciazione del Riss. Poiché le
glaciazioni successive hanno cancellato i
segni lasciati da quelle precedenti, e poiché
la glaciazione del Riss è antecedente a quella
del Würm, questa morena rissiana è una delle
rare prove del fatto che le valli del Gran
Sasso sono state occupate dai ghiacciai più e
più volte nel corso del Neozoico.
Nel 1573 fu conquistata per la prima volta la
cima del Corno Grande.La spedizione era
guidata dal capitano Francesco De Marchi. Fu
un’impresa straordinaria considerata l’epoca
e l’attrezzatura a disposizione degli
scalatori. La vera e propria esplorazione
alpinistica del Gran Sasso iniziò verso la
fine del XIX secolo con la conquista delle
diverse cime del gruppo.
Il 19 agosto 1573 l’ingegnere militare
capitano Francesco De Marchi salì dal versante
dell’Aterno la più alta cima del Gran Sasso
d’Italia (Corno Grande, Vetta Occidentale).
Gli furono compagni il milanese Cesare
Schiaffinato e Diomede da L’Aquila, guida e
portatori, rispettivamente Francesco di
Domenico di Assergi e Simone e Giovanpietro di
Giulio. La descrizione dell’allora
straordinaria impresa è contenuta in un
manoscritto conservato nella Biblioteca
Comunale di Bologna. Due secoli dopo, il 30
luglio 1794, lo scienziato teramano Orazio
Delfico raggiunse la Vetta Orientale del Corno
Grande dal versante di Isola del Gran Sasso.
Ma la vera esplorazione alpinistica del gruppo
ha inizio dopo l’ascensione compiuta dal Saint
Robert il 20 luglio 1870. Il 9 gennaio 1880,
Corradino e Gaudenzio Sella effettuarono la
prima salita invernale del Corno Grande; l’8
settembre 1887 Enrico Abbate e la guida
Giovanni Acitelli di Assergi scalarono il
Corno Piccolo; nel luglio del 1888 l’Ugolini e
la guida De Nicola raggiunsero le cime del
monte Corvo e del monte Prena; il 10 agosto
1892 O. Gualerzi e G. Acitelli la Vetta
Centrale del Corno Grande, effettuando la
prima scalata in roccia; l’8 febbraio 1893
Abbate, Gualerzi, Gavini e Acitelli compirono
la prima ascensione invernale del Corno
Piccolo. L’alpinismo senza guide ha inizio sul
Gran Sasso nel 1910 con la traversata delle
tre vette del Corno Grande, compiuta dagli
austriaci Schmidt e Riebeling. Seguirono
subito le scalate dei Sucaini romani
(Sebastiani, Bramati, Chiaraviglio, Berthelet
ecc.) e, poco dopo la prima guerra mondiale,
quelle degli alpinisti romani e milanesi
(Jannetta, Bonacossa ecc.) sulle più imponenti
creste e pareti del massiccio. Dal 1932 in poi
si sviluppa anche sul Gran Sasso
l’arrampicamento moderno con l’intervento
degli “Aquilotti” di Pietracamela e di
scalatori aquilani (Giancola, Sivitilli,
Marsilii, D’Armi ed altri), nonché di
alpinisti di fama internazionale (Bonacossa,
Gervasutti, Maraini ecc.), con imprese che
toccano il VI grado. Ma l’apertura di vie
integrali di difficoltà estrema e la conquista
invernale delle più ardue pareti appartengono
agli ultimi decenni, per merito della
rinnovata SUCAI di Roma (Consiglio, Alletto,
Mario, Cravino ecc.) e di alpinisti aquilani e
marchigiani (A. Bafile, Calibani, Florio ed
altri), qualificando il Gran Sasso montagna di
interesse alpinistico sotto ogni aspetto.
Una vecchia cartolina
del Gran Sasso
Citazioni
storiche
Questo monte è veramente il più alto e
il più horrido di tutti i monti d'Italia. Dico
che vi son tali precipitii che passano cinque
miglia, dove non possono andar huomeni né
animali, se non uccelli (Francesco De Marchi –
ingegnere e militare bolognese del secolo
XVI).
Fra gli altri animali, in tal monte (il monte
Corno) e nel più alto e né vicini, ove sono
più balze erte v'è il camoscio o camorza, cioè
la capra selvaggia detta da' paesani camoscio,
o scamorzio. È simile alla capra, però un poco
più grossa, ha il color rossardo o di creta.
Le corna sono ritorte in avanti, nel che è
diverso dalle capre comuni. (Antonio Ludovico
Antinori – arcivescovo e storiografo del
1700).
Colledara è un villaggetto di poche case,
posto sopra una delle più verdi e più ridenti
colline che allietano la Valle di Monte Corno,
o Gran Sasso d'Italia, dal lato che guarda
l'Adriatico. Da quella parte, il Gran Sasso si
mostra più maginificamente elevato e superbo.
La sua altezza non è grande (2914 m), se lo si
paragona, per esempio, a quella della più
ardue cime delle Alpi; ma io non ho mai visto
un monte che più faccia pompa della sua
statura, e che avegli nell'animo più
intensamente il senso della maestà e del
sublime. L'altezza di altri monti famosi che
io ho veduti, è ordinariamente preparata da
molte colline e da potenti contrafforti, per
modo che spesso le più ardite cime sembrano a
primo sguardo poco elevate e al tutto indegne
della loro fama. Ai piedi del Gran Sasso...
dalla parte di Teramo e di Colledara, non si
ha un'altezza maggiore di otto o novecento
metri. Perciò si possono vedere, al di sopra
della breve zona boscosa, circa duemila metri
di nudo sasso, di color ferrigno, elevarsi
impetuosi verso il cielo. La forma del monte è
quasi quella di una mitra episcopale; ma a me
non piace di paragonarlo a un oggetto senza
vita: egli è vivo, e vede e sente; si leva
gigante a capo della Valle, come il signore di
essa, e, con l'ardua punta, scopre, dicono,
fin la remota riva della Dalmazia. E par che
si alzi sui piedi, e aderga la testa e le
spalle per vegliare da lungi sull'antico e
glorioso mare d'Italia, o meglio, per scoprire
altri suoi fratelli lontani, soli degni dei
suoi sguardi e del suo amore. Sembra a volte
di vedergli gonfiare l'immenso petto roccioso
dalla soddisfazione intima piena peer il
proprio sublime aspetto, per l'aria purissima
che gli è dato di godere, e per le mirabili
cose che può perennemente scoprire e ammirare.
Molti vedono nel suo dentato superbo profilo
l'immagine di Napoleone, di quest'anima
sublime, che, lasciate le misere forme umane,
dov'era imprigionata, erra di vetta in vetta
per trovare, nell'eternità delle rocce e dei
dirupi, una forma che sia degna d'incarnare
tutta la sua innata grandezza. (Fedele Romani,
Colledara, Firenze, Bemporad, 1907).
Dovunque si sente lo spazio. Lo sguardo,
appena trova un varco, subito va lontano, con
l'immediatezza di un corpo sommerso che viene
a galla, fino al Gran Sasso ed al Sirente
dominanti la vasta vallata. (Guido Piovene)
(Viaggio in Italia, Mondadori, Milano, 1957).
A mano a mano che salivamo, se ci guardavamo
indietro, la nostra vista si allargava
sull'intiero altipiano e scopriva, in tutto il
suo splendore, la mole grandiosa del Gran
Sasso. (Ignazio Silone, in La terra e la gente
in Abruzzo, Electa, Milano, 1963) .
Se ci pensi bene, il Gran Sasso e la Maiella
sono le nostre basiliche, che si fronteggiano
in un dialogo molto riuscito e complementare.
(Discanto di Pasquale Scarpitti, ed. Farus,
Pescara, 1972).
Tra i ricordi più nitidi che mi porto dietro
dall'Abruzzo c'è quello del Gran Sasso, e
della Maiella, veduti come li vidi, tutti
pieni di neve, venendo giù in treno lungo la
ferrovia che collega Roma a Pescara. Le parole
servono a poco. Ma bisogna provare a figurarsi
che cosa può diventare, per gli occhi,
un'immensa parete di un bianco abbagliante
alta in media 2500 metri e lunga circa 70 km.
(Mario Pomilio, Abruzzo sospeso tra cielo e
terra, 1983).
Laboratori
del Gran Sasso
Un' illustrazione dei
Laboratori del Gran Sasso
I
Laboratori Nazionali del Gran Sasso
(LNGS), sono i più grandi laboratori
sotterranei del mondo, e si trovano a 1.400 m
sotto la cima del massiccio del Gran Sasso, in
prossimità del traforo del Gran Sasso
dell'Autostrada A24 Teramo-Roma, che
attraversa la montagna. Oltre ai laboratori
sotterranei, la struttura dispone anche di
laboratori esterni, che si trovano ad Assergi
(AQ), vicino al casello autostradale di
Assergi.Nati da un'idea di Antonino Zichichi,
la loro costruzione ebbe inizio nel 1982 e
sono stati costruiti assieme al traforo
autostradale del Gran Sasso. Cinque anni dopo
vi si tenne il primo esperimento. I laboratori
sotteranei contengono tre "sale" (sala A,
sala B e sala C) le cui
dimensioni tipiche sono di 100 m di lunghezza
per 20 m di larghezza e 20 m di altezza. Oltre
alle tre sale principali i laboratori
sotterranei sono costituiti da alcuni locali
di servizio (guardiole di sorveglienza,
servizi igienici, strutture per il
condizionamento ed il pompaggio dell'aria,
ecc.), da dei tunnel di collegamento (uno dei
quali collega tutte le tre sale ed e'
sufficientemente grande da permettere il
passagio di grossi autocarri) e da alcune
piccole altre zone sperimentali dove trovano
collocazione alcuni esperimenti di piccole
dimensioni geometriche. In due piccoli tunnel
ausiliari, appositamente realizzati, ha
trovato collocazione un interferomentro
ottico. In tempi passatti alcuni esperimenti
utilizzavano anche dei rivelatori posti sulla
sommità della montagna sopra i laboratori
sotterranei e i dati registrati venivano
analizzati in coincidenza o in anticoincidenza
con quelli registrati nel laboratorio
sotterrano. La collocazione sotto la montagna
permette di ridurre notevolmente il flusso dei
raggi cosmici e consente di semplificare il
rilevamento di particelle come il neutrino o
la ricerca della materia oscura.